Francesco d'Alessandro move65
Francesco d'Alessandro
move65
La fotografia si rivela come un foto-racconto che ci consente di entrare in punta di
piedi in una narrazione che non ha bisogno di parole.
Dalla visione immediata di una scena suggestiva o teatrale nasce lo scatto capace di rendere eterno quell’istante fugace e suggerire una trama dalle mille
interpretazioni. L’opera fotografica si riscopre così in tutta la sua potenza
comunicativa come strumento eccezionale per disegnare una storia, essenza
tangibile di un coinvolgimento emotivo, istintivo, ed è avvertita come chiave di
accesso per una nuova conoscenza del reale, in cui le singole parti vivificano il tutto
assumendo un significato interiore nell’incontro con lo sguardo attento.
Avevo 17 anni quando dalla scrivania di mio padre presi una Yashica Fx-3. Un nome come un ricordo che conserva inalterato ancora tutto il suo prestigio. Era un
modello completamente meccanico e compatto che portavo in giro sotto la sella della mia Vespa, motorino e che per anni si è prestata come una compagna di avventure in
avanscoperta. Di sicuro la prima maestra di sperimentazioni fotografiche senza
tempo, quelle che sono rese ancor più importanti oggi che il mondo dell’immagine si
svilisce nell’Iphoneography.
Con gli occhi spalancati su quello che ci gira intorno, riservo allo spettatore il piacere di meravigliarsi e di immergersi in un’esperienza visiva che travalica i limiti della rappresentazione figurativa, lasciando largo respiro ai sogni e alle illusioni.
Attraverso le mie immagini trapelano angoli bui e nascosti, verità velate, vie deserte,
palazzi storici e vedute incantevoli … la mia visione è quella di gettare un occhio
malizioso su quella Napoli che a molti resta inaccessibile. Ecco il fil rouge di una
fotografia metafisica, inusitata e dagli accenti immaginifici e liberatori.
Il risultato fotografico delle opere di Francesco d’Alessandro si rivela con uno
straordinario richiamo alle opere del pittore Giorgio De Chirico. Manifesti di una sensibilità morbosa, che si può definire tout court fotografia emozionale marchiata
di simbolismo.
(Jenny Longobardi, critico d’arte e giornalista)